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  ، 章 ▭▬ 𝗳𝗶𝗳𝘁𝗲𝗲𝗻 ɞ

TAMVMO  & -sandprince's work ꒱

❛ 𝒑𝒖𝒇 𝒑𝒖𝒇 𝒑𝒖𝒇 𝒍𝒂 𝒕𝒂𝒓𝒕𝒂𝒓𝒖𝒈𝒂 𝒔𝒑𝒓𝒊𝒏𝒕
𝒑𝒖𝒇 𝒑𝒖𝒇 𝒑𝒖𝒇 𝒂 𝒑𝒊𝒆𝒅𝒊 𝒔𝒆 𝒏𝒆 𝒗𝒂
𝒉𝒂 𝒎𝒆𝒔𝒔𝒐 𝒊𝒍 𝒇𝒓𝒆𝒏𝒐 𝒂 𝒎𝒂𝒏𝒐
𝒆 𝒂𝒅𝒆𝒔𝒔𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒗𝒂 𝒑𝒊𝒂𝒏𝒐
𝒍𝒐𝒏𝒕𝒂𝒏𝒐 𝒂𝒓𝒓𝒊𝒗𝒆𝒓𝒂'
𝒍𝒐𝒏𝒕𝒂𝒏𝒐 𝒂𝒓𝒓𝒊𝒗𝒆𝒓𝒂𝒂𝒂'! ❜

L'aria era pregna di una sensazione familiare, di un'eco lontana e difficile da ricollegare a un qualcosa di preciso, almeno in un primo momento. 
I primi a comprendere cosa potesse essere furono Shirou, Ryuu e Kaiyo. Era un'impressione familiare, quella che li pervase dopo l'entrata in scena di Hiyori.

O meglio, che li pervase quando lo scontro di Hiyori e Antares iniziò a farsi troppo coincitato. Ciò che rimaneva della struttura che li aveva accolti durante l'allenamento risuonava di meteoriti che esplodevano a mezz'aria e di fischi di vento gelido, che facevano venire la pelle d'oca e sferzavano i capelli.
Wakana riusciva a proteggerli dai colpi in arrivo, ma sembrava a sua volta stremata, gocciava stille di sudore e il viso era irrigidito in una smorfia dura e affaticata. 

In mezzo a quel frastuono, i ragazzi faticarono per cercare di allontanarsi: ogni qual volta riuscissero a notare una possibile uscita, gruppi di macerie crollavano dal soffitto pericolante o dai muri colpiti dalle due contendenti. Per via dei detriti vacanti erano ricoperti di graffi ed ematomi, non gravi di per sé, ma considerevoli se si considerava l'insieme, i loro quirk avevano esaurito qualsivoglia efficacia, lasciando dietro di sé corpi sfiniti, che riuscivano a tirare avanti soltanto grazie all'adrenalina data dalla situazione.
Eriru e Shiori continuavano a incalzarli, in modo violento, smodato, come cacciatrici assetate di sangue. L'aria era satura di scoppiettii, di polvere dorata che la rendeva pesante e ostacolava il respiro. Shiori si muoveva come un vento primaverile, attaccando con precisione.

Poi, percepirono l'aria quasi fermarsi. 
Energia statica si diramò nell'atmosfera, ma stavolta non era causata da Ryuu. Gli occhi di tutti vennero attirati laddove proveniva un suono quasi gorgogliante.
Qualcosa iniziò a gocciolare, producendo un rumore fastidioso, intenso, un picchiettio continuo sul cemento ormai semi-distrutto.
Per quei pochi secondi, Eriru e Shiori persero di importanza, l'istinto prevalse, li spinse a concentrare altrove la loro attenzione.

Wakana non fece in tempo a tirarli via da quella vista, prima che si presentasse agli occhi dei tre studenti come una macabra panoramica, un momento indelebile che si sarebbe aggiunto a infiniti altri già stampati nella loro memoria.
Dapprima videro Hiyori, ancora protesa verso Antares. Il viso della donna era irrigidito in una smorfia raggelata, gli occhi azzurri sgranati, i capelli rossi appiccicati al viso per il sudore. 
Il viso era macchiato di sangue, lo erano anche le sue braccia, ma non aveva ferite in vista. 

Lo stesso non si poteva dire di Antares: uno squarcio le attraversava la pancia come un sanguinolento sorriso, la divisa scolastica strappata via dalla forza tagliente che solo i venti della prima eroina in classifica riusciva a manipolare. 
Lo squarcio era profondo e tutto il sangue che imbrattava l'eroina, che gocciolava a terra in quel ticchettio incessante, doveva essere il suo. Gli occhi di Antares non erano più spiritati, spalancati in un vuoto che non vedeva e che non si dissipava: erano presenti, confusi, come quelli di un cerbiatto che d'improvviso si fosse ritrovato di fronte ai fanali di un'auto.

La bocca era imbrattata di sangue, e quando la aprì, quasi a voler chiedere spiegazioni, un ricco rigagnolo misto a bava le colò lungo il mento. Boccheggiò per lunghi secondi, emettendo strazianti versetti, protendendo le braccia pallide come a cercare aiuto.
Hiyori aveva repentinamente ritirato il suo attacco, il primo che fosse effettivamente andato del tutto a segno dall'inizio dello scontro, il primo e l'unico bastevole a porvi fine nel peggiore modo possibile. Ma le braccia di Antares non erano protese verso di lei: la ragazza fissava i compagni, più in basso, con il viso madido di lacrime, ma ancora rappreso in quella genuina e terrorizzata confusione che doveva averla colta nel riprendersi da qualsiasi cosa avesse avuto il controllo del suo corpo fino a quel momento. 

Era difficile distogliere lo sguardo da lei, non quando i suoi occhi chiedevano tutto l'aiuto che la bocca imbrattata e rigonfia di sangue non riusciva a supplicare. 
Ogni rumore giungeva ovattato, ogni movimento sembrava impossibile, come se Antares avesse ottenuto un nuovo quirk, come se avesse appreso come raggelare sul posto tutti quanti, Wakana compresa. 
C'era un nuovo senso di paura, di disagio, nel vedere morire allo stesso tempo un nemico e un compagno. 

Non era come assitere alla notizia in televisione, non era stata come la morte di Euterpe, improvvisa e inaspettata, o quella di Fumiko. Shirou, Kaiyo e Ryuu avevano assistito momento per momento alla progressiva fine della loro compagna di classe. 
E proprio per questo, risultava difficile capire cosa fosse giusto pensare. Shirou conosceva la sensazione di non avere controllo sul proprio corpo, di vederlo muoversi, agire, ferire gli altri senza riuscire a impedirselo. Per un singolo, fragile e distaccato momento, realizzò che, quantomeno, in quel momento aveva di nuovo controllo di sé.
Poi si pentì di averlo pensato, nel tornare a osservare lo sguardo devastato che ancora era puntato su di loro, sempre più spento. 

Poi, d'un tratto, quegli occhi si velarono della foschia cinerea della morte, si fecero vitrei, accompagnati da un ultimo sospiro, da un'ultima stilla di sangue che le lasciò le labbra.
Le braccia ricaddero di colpo, come fili mozzati di una marionetta, e il corpo, nello scivolare verso il basso, quasi si accartocciò. 
Kaiyo conosceva il suono che producevano i corpi quando cadevano a terra, specie se dall'alto. Lo scricchiolio delle ossa, il gorgoglio della carne. Per quanto fosse possibile farci l'abitudine, era una sensazione che faceva ribaltare lo stomaco su se stesso, specie se il corpo che cadeva era quello di una compagna, di qualcuno che, per quanto non potesse esser definito un amico, era stato una presenza continua nell'ultimo anno. 

E poi, c'era il dubbio, quella serpe gelida e sinuosa, vibrante, che sussurrava parole malevole. 
Quella belva famelica che, nella stanchezza e nello stress, bisbigliava con lascivia stilettate amare: Antares era stata uccisa, tanto quanto Euterpe, ma non era stato un villain a infliggere il colpo mortale. A ucciderla era stata un'eroina, la stessa donna che avrebbe dovuto proteggerli si era macchiata del loro sangue, del sangue della loro compagna.
Era stato davvero necessario?
Hiyori aveva davvero avuto bisogno di infliggere un colpo letale per porre fine allo scontro? 
Avrebbe fatto lo stesso con chiunque altro di loro, se fossero finiti nella stessa situazione?

Shirou non poteva fare a meno di immaginare sé stesso in quella stessa situazione. 
Al posto del viso di Antares rivedeva il proprio, quella mattina sulla spiaggia, ancora ricoperto di aculei e terrorizzato dal non avere il controllo sul suo corpo.
Aveva pensato di morire, qualche volta, dopo la morte di Euterpe. Pensieri temporanei, fragili, che con il tempo si erano dissolti ed erano stati sostituiti da una risoluzione a cercare di risolvere i problemi che aveva causato, o a cercare di non causarne altri. In quel momento, l'idea di potersi ritrovare effettivamente morto, squarciato dai colpi di Hiyori, gli fece rivoltare le interiora, la nausea gli si aggrappò alla gola con una morsa acidula. Da morto non avrebbe aiutato nessuno, non avrebbe fatto piacere a nessuno, se non ai propri complessi che forse avrebbero trovato pace. Per qualche secondo fu colto dal pensiero che altri, che non erano lui, avrebbero potuto assistere alla sua morte, e soffrire le medesime sensazioni che in quel momento stavano cogliendo lui. Quella fiumana di pensieri fu tale da impedirgli persino di realizzare l'impotenza che, ancora una volta, lo aveva colto di fronte alla necessità di aiuto di un compagno.

Sensazione che invece colpì Kaiyo come un pugno nello stomaco. 
Legare con i suoi compagni, sin da principio, non era stato facile. Abituarsi a uno stile di vita tanto diverso da quello con cui era cresciuto, ma la sensazione di fallimento, l'incapacità di comprendere cosa fare, come agire, come farlo in tempo, erano presto divenute a lui note. 
Tempo addietro aveva assistito inerme al gesto folle di Takeshi, cercando di metabolizzare, di capire cosa fare. In quel momento, si ritrovava in una situazione esattamente speculare. 
Il suo corpo, addestrato a uccidere, a privare della vita, stremato dallo sforzo, appesantito dallo stress, non rispondeva ai suoi comandi. Non perché qualcun altro lo stesse guidando, ma perché lui stesso non sarebbe stato in grado di decidere che comandi dargli. 

La scena sembrò cristallizzata in una stasi immobile fino a quando Hiyori non fermò quel corpo in caduta libera. Lo afferrò tra le braccia prima che toccasse terra, preservando le orecchie degli studenti dal rumore disgustoso che avrebbe prodotto se fosse atterrato, poi si voltò per nascondere il corpo alla vista, come se già non avessero già visto fin troppo.
Wakana tornò in quel momento ad avvicinarsi; fino a quel momento, aveva cercato di assicurarsi delle condizioni delle altre due studentesse, che erano svenute all'improvviso, di botto, come se avessero terminato le pile. Ancora vive, ma per quanto?
I loro segni vitali erano stabili, ma non sapeva per quale motivo avessero perso i sensi di getto. 

Osservò la scena, inorridita, e quando Hiyori atterrò fu la prima a gettarsi sui ragazzi per attirarli verso di sé, come a cercare di difenderli da quella visione. Era troppo tardi, ne era ben consapevole, ma nel possibile voleva evitare che quel trauma si ampliasse più del dovuto.
Dietro di lei, come un'ondata di densa melassa dolciastra, rassicurante e tiepida, comparve il Mondo. La fine di un viaggio, il ritorno della calma. Un Tarocco che, al termine di uno scontro, sapeva dare un'ultima quantità di energia sufficiente a permettere di allontanarsi, di spostarsi da lì per arrivare in infermeria, dove avrebbero potuto riposare, metabolizzare, sentirsi al sicuro.
Come se fosse possibile sentirsi al sicuro dopo essere stati attaccati all'interno della scuola, nel luogo in cui avrebbero dovuto essere protetti.

Sperò soltanto che i suoi colleghi stessero altrettanto bene.

Rei sapeva di doversi sbrigare, di dover pensare a qualcosa. 
Non sapeva cosa, non sapeva per cosa, ma l'istinto la spingeva a cercare di prestare attenzione a qualsiasi cosa le capitasse attorno. Si trovava ancora sulla schiena di Tomoe, le dita aggrappate alla pelliccia per non scivolare. 
Fortunatamente l'attacco di Shigeru aveva indebolito stordito e rallentato per qualche momento i loro avversari, aveva permesso loro di prendere un momento di respiro, e avevano potuto spostarsi in un punto più tranquillo.

Da quella posizione avevano avuto una visuale privilegiata sulla furia di Tooru. 
Entrambe avevano avuto modo di vedere la furia iniziare a imperversare nei suoi occhi quando avevano udito Makoto e Yoru interagire in lontananza, in quello stesso scontro per cui si erano allontanate poco prima. C'era un ché di spaventoso nella furia di quel ragazzo, che di solito appariva tanto apatico, privo di reazioni, annoiato quasi.
Aveva persino lasciato andare Leviathan, per cercare di voltarsi verso la fonte del rumore, verso la sorella, ma a quel punto era stato Leviathan a trattenerlo, ad attaccarlo.

Tooru era quasi impazzito per questo: il suo viso era una maschera di rabbia, aveva evocato altri due mastini infernali con cui cercava di incalzare Leviathan, di tenerlo lontano da sé, per sfuggire attraverso le crepe nel padiglione in cui si trovavano.
Fenrir, di rimando, sembrava riflettere il suo stato d'animo.
Si muoveva senza un senso, avanti e indietro, abbattendosi contro i muri, cercando di sfondarli, ruggendo versi rabbiosi. Un animale in trappola, di quelli a cui nessuno voleva fare un torto. 
L'unico modo per salvarsi era cercare di sfuggirgli, ma non tutti loro erano nelle condizioni di farlo.

Shigeru era pressoché svenuto, ormai privo di forze dopo quell'ultimo stunt, e come lui lo era Winston, non così distante. Quando Shigeru aveva disattivato gli effetti benefici del suo quirk, gli effetti collaterali si erano ripercossi sul corpo nell'immediato, affaticandolo ancor più di quanto già non fosse.
Rei si chiese per qualche istante come Tomoe potesse ancora resistere, ma preferì non chiedere, non perdere tempo prezioso. Dovevano solo trovare un modo per continuare a sopravvivere.

Fu nel guardarsi intorno che si accorse che Fenrir si era avvicinato troppo: aveva balzato con troppa energia, e stava atterrando in un punto tutt'altro che buono. 
Ma erano troppo lontane, non sarebbero riuscite a raggiungere Shigeru e Winston in tempo. 
Fu come osservare una scena al rallentatore: Rei riuscì a vedere ogni singolo istante in cui Fenrir si avvicinava, fino a quando la sua ombra non oscurò completamente i due ragazzi.

Si strinse con più energia a Tomoe, irrigidì le gambe e si aggrappò in modo spasmodico al pelo dell'amica.
«Tomoe, devi andare più veloce» la supplicò, con urgenza, continuando a fissare la minaccia che discendeva sui suoi compagni, sempre più vicina. Sapeva di chiedere troppo, era già tanto che Tomoe ancora si reggesse in piedi, ma nel panico del momento non poteva che sperare che le sue speranze si realizzassero. 
Si voltò, a ricercare con lo sguardo Yasuhiro, a pregare che a sua volta potesse darle una mano. Il ragazzo sembrava nel panico tanto quanto lei. Si scrutarono per qualche istante, poi Rei cerò di agire.

Non pensò al fatto che ormai i capelli sulla sua testa dovevano essere più corti di quanto non fossero mai stati, né del taglio irregolare e scarmigliato in cui sarebbero finiti.
Li tagliò e basta, più corti che poteva, cercando così di produrre una nuvola quanto più resistente possibile. Una volta che la ebbe formata, la scagliò in direzione di Fenrir. Sapeva di non poterlo fermare, la creatura rimaneva fin troppo potente, ma sperava di rallentarlo, di poter essere d'aiuto in qualche modo.
Non sapeva bene come potesse farlo, ma intanto lo aveva rallentato. Yasuhiro intervenne per fare il resto.

Sfiancato, stanco, consapevole di non poter fare molto, approfittò della vicinanza solo per riuscire a spostarli appena, per sottrarli alla traiettoria più diretta di quella creatura.
Fu qualcosa, ma non abbastanza.
Non ci voleva un genio per capirlo, bastò il rumore.
Bastò un urlo di Winston, che il torpore della stanchezza non aveva potuto sopprimere, bastarono i gemiti di dolore di Shigeru, bastò lo schiocco di ossa frantumate e di carne lacerata. 
Poi videro il sangue. 
Le gambe di Winston ne erano del tutto imbrattate, abbastanza da nascondere il loro colore, ma non da coprire la posizione innaturale e dolorosa che avevano assunto. Sembrava quasi che fosse stato investito, boccheggiava, come se fosse incapace di riprendere fiato, e cercava di trascinarsi con le braccia lontano dal punto, ma la stanchezza e lo shock sembravano averlo raggelato. Le sue gambe erano finite sotto le zampe posteriori di Fenrir dopo l'atterraggio, dovevano averle spaccate come se fossero state rametti secchi in una foresta. 

Il senso di colpa si fuse alla consapevolezza che, se non avessero fatto niente, a essere spezzata sarebbe stata la sua schiena. Non ci sarebbe stato niente da fare in quel caso. Ma in quel momento? In quel momento ancora potevano scegliere di fare qualcosa, potevano riuscirci.

A Shigeru era andata meglio, ma la situazione non era tra le più augurabile. Poteva ancora muoversi sulle sue gambe, ma il suo braccio era in una situazione piuttosto preoccupante.
Aveva evitato la rottura, schivando per un soffio le zampe, ma non gli artigli. Alcuni avrebbero potuto dire che era stato colpito "di striscio", ma quelle lame affilate avevano tagliato la carne in coriandoli.
Dalla spalla al polso la carne era sfregiata in profondità, in tre tagli irregolari che arrivavano in profondità. In mezzo alla fiumana di sangue che colava come un fiume denso e rossastro, si intravedeva senza difficoltà il bianco dell'osso. Era una fortuna che non fossero trapassati dall'altra parte, ma a giudicare dal modo in cui si reggeva il braccio, doveva essere rimasto attaccato solo per grazia di una qualche divinità che si era mostrata benevola. Se poteva definirsi benevolenza quella che portava due ragazzi a finire in quelle condizioni.

Ma il peggio non erano quelle condizioni, ma il fatto che Fenrir fosse ancora sopra di loro. Non era concentrato come poco prima, per cui non era già ripartito all'assalto, era ancora coinvolto dalla furia impetuosa che coinvolgeva Tooru.
Soltanto che la nuvola di Rei si era ormai dissolta e Yasuhiro non aveva più energie per fare altro, non potevano fare altro che osservare, inorriditi.

Poi, un'ombra nera si abbatté su Fenrir, spingendolo di lato, lontano dai due ragazzi: Leviathan aveva lasciato andare Tooru, per correre in aiuto dei suoi studenti. Non si poteva vedere il suo viso, ma i suoi gesti erano rabbiosi, come lo erano stati sulla spiaggia il giorno in cui era morta Euterpe. 
Lo videro mentre si accaniva con rabbia sulla creatura, la sferzava con la possente coda, la attaccava con fiamme nere. Fu allora che i ragazzi notarono che gli studenti che li avevano attaccati erano improvvisamente crollati a terra, privi di sensi; che l'attacco di Shigeru avesse avuto su di loro più effetto di quanto non ne avesse avuto su Tooru? Era possibile, ma non avevano tempo di accertarsene.

Con Fenrir lontano e Tooru scomparso dalla vista, ebbero così modo di raggiungere finalmente Winston, che aveva ormai disattivato il suo quirk, e Shigeru. Tomoe perse le sembianze animalesche, e si accasciò seduta a terra, grondante di sudore e stanca, non sembrava in grado di reggersi in piedi.
«Va tutto bene, va tutto bene» Rei si resse con debolezza sulle gambe, avanzando di un passo verso i due ragazzi. Non sapeva bene dove mettere le mani, cosa fare per aiutare, chi aiutare per primo. Si decise a prendere un respiro profondo, a cercare di non ricadere nuovamente nel panico, si guardò intorno alla ricerca di un qualcosa che potesse aiutarla. 
Yasuhiro nel frattempo si era avvicinato a Shigeru, cercando di aiutare. Si era tolto la giacca della divisa da allenamento e la usava per cercare inutilmente di tamponare il sangue, ma ne usciva troppo, le ferite erano troppo profonde per fermarlo del tutto. Dovevano raggiungere l'infermeria, e subito, prima che Shigeru rischiasse di morire dissanguato.

Un forte odore di bruciato si diffuse nell'aria, il suono roboante di pugni e colpi si interruppe. Nel voltarsi verso Leviathan, i ragazzi videro che aveva ridotto Fenrir piuttosto male. Il lupo giaceva a terra e sembrava starsi dissolvendo in una scia di polvere nerastra.
Non era come quando era scomparso la prima volta, sulla spiaggia, quasi dissolvendosi. In quel momento sembrava più che altro intento a polverizzarsi. Come se stesse morendo.
Non conoscevano però il funzionamento del quirk di Tooru, non potevano sapere cosa questo comportasse e non avevano modo di osservare le sue reazioni, perché sembrava essersi volatilizzato, scomparso non appena Leviathan gli aveva voltato le spalle. 

Leviathan si voltò verso di loro, improvvisamente più calmo, per quanto le sue movenze tradissero una fretta e un'urgenza che di rado avevano visto nel loro professore. L'uomo si avvicinò in fretta a Winston, prima di cercare di prenderlo tra le braccia cercando di arrecare meno danno possibile. Con l'omero rotto, tuttavia, non era cosa facile: Winston, nella sua altezza quasi mostruosa per un ragazzino, continuava a dimenarsi in quel dolore senza sosta, stringeva i denti e si dimenava, cercando sollievo. Il dolore era tale da tenerlo sveglio, cosciente, ma tutt'altro che vigile e presente a sé stesso. 
Le sue urla facevano attorcigliare le budella, come se a farlo non fosse già abbastanza la vista del braccio di Shigeru. Shigeru che era ormai pallido in volto, prossimo a perdere di nuovo coscienza. Rei aveva solo potuto richiamare a sé il ghiaccio usato per Tomoe e avvicinarlo a Shigeru per cercare di abbassare la sua temperatura il più possibile, avvolgendolo nella giacca della sua divisa per applicarlo sulla fronte del ragazzo e per cercare di decongestionare la ferita. Ma non poteva fare altro, non aveva conoscenze di primo soccorso, nessuno lì sapeva come trattare una ferita del genere. Per di più, la temperatura di Shigeru era già alta per via del suo quirk, sembrava di stare vicini a un radiatore bollente.
E Rei avrebbe dovuto darsi una regolata: per il panico aveva iniziato a piangere senza quasi accorgersene, le lacrime diventavano grandine ancora prima di finire di scivolare dal viso, ma lo sforzo che il suo corpo realizzava in automatico stava minando fortemente il suo fisico. Aveva la vista annebbiata, un forte principio di nausea e grandi difficoltà a mantenere l'equilibrio, tanto che a un tratto fu costretta ad appoggiarsi a Yasuhiro per non capitombolare.
Ma non poteva farlo, ci mancava solo che anche lei divenisse l'ennesimo problema da allontanare da quel padiglione.

Rei si voltò verso Tomoe; se Tomoe avesse potuto ritrasformarsi, assumere una forma che le permettesse di portare in groppa Shigeru fino all'infermeria... ma la ragazza sembrava distrutta tanto quanto lo erano loro: le gambe erano ricoperte di lividi, il corpo colto da spasmodici tremori e gli occhi rimanevano a malapena aperti in due minuscole fessure. Il suo quirk aveva ripristinato le ferite superficiali, ma aveva lasciato dietro di sé un corpo quasi del tutto incapace di muoversi.
Si voltò quindi, supplice, verso Leviathan. «Cosa facciamo, professore?» la voce era ricolma di ansia, panico, paura. Ma non paura di un villains, paura di non riuscire a fare in tempo per aiutare i suoi compagni. Minacciò di cadere addosso al professore, ma riuscì all'ultimo a recuperare l'equilibrio, ondeggiando pericolosamente sui piedi.

Come una manna dal cielo, Makoto apparve poco dopo oltre una delle mura sfondate del padiglione. Era anch'ella sfinita dallo scontro, madida di sudore e con un grosso taglio sul sopracciglio da cui scivolava a rivoli sangue denso. Eppure, almeno ne era uscita vittoriosa: tra le catene che le emergevano dal seno era intrappolata Yoru, priva di sensi.
L'eroina si affrettò verso di loro, preoccupata, quasi correndo, e si fermò soltanto quando ebbe raggiunto il gruppo di studenti. «Dannazione» la udirono imprecare, mentre si impegnava a smuovere le catene per allacciare la figura svenuta di Yoru sulla schiena, per poi prendere delicatamente in braccio Shigeru. La differenza di altezza fra i due era lampante, ma la donna aveva una forza ben discreta, che le permise di avvicinarlo al petto dal lato del braccio sano, sollevandolo a mo' di principessa. Shigeru si limitò a grugnire, distante, e il braccio penzolò, privo di forze, per qualche istante, prima che Makoto lo facesse ricadere sul ventre del ragazzo. 

«Non possiamo lasciarli qui, Yato» si voltò poi a dire, fissando Rei, Yasuhiro e Tomoe. Nessuno dei tre ragazzi era in grado di spostarsi autonomamente da quel padiglione: Rei e Yasuhiro, dopo l'arrivo della professoressa, avevano finalmente ceduto alla fatica, si erano finalmente concessi di riposare e ora sedevano a terra, poggiati ad alcune macerie causate da Tooru, vicini a Tomoe.
«Se non portiamo Winston e Shigeru in infermeria, non resisteranno a lungo» ribatté Leviathan, ma nel suo tono era ben percepibile come lui stesso per primo non fosse certo di volerli lasciare lì. Non con la minaccia che i villains sarebbero potuti tornare.
Poi, a creare urgenza, fu la definitiva perdita di coscienza di Shigeru, che si fece molle tra le braccia di Makoto. Leviathan si voltò verso i tre ragazzi che erano ancora seduti a terra, sfiniti: «Torneremo tra pochissimo» li rassicurò, nonostante la voce non avesse del tutto perso la seria severità che la contraddistingueva. «Fino ad allora, vi chiedo soltanto di rimanere svegli. Potrete riposare, ma non adesso, ancora qualche minuto, potete farlo?» tornò a dire, e non si mosse fino a quando i tre, in qualche modo, non ebbero tutti confermato di essere ancora coscienti. Si erano stretti in una sorta di abbraccio rassicurante, Rei e Tomoe avevano la testa appoggiata a ciascuna spalla di Yasuhiro, come se non avessero la forza di risollevarla, ma gli occhi erano dischiusi in fessure ancora coscienti.
Quando si allontanò per seguire Makoto, impacciato dalla stazza di Winston, parve ancora riluttante e si voltò più volte per assicurarsi che non ci fossero minacce in vista, poi prese la strada più rapida per l'infermeria, sollevandosi in volo per procedere più rapidamente.

La situazione non era rosea, tutto il contrario.
Alain si era rivelato un avversario ostico tanto quanto Red, tanto che distrattamente venne da chiedersi perché mai non fosse finito nella sezione A, e Red... be, era rimasto il solito, sadico, fin troppo potente e letale Red.
Che la situazione potesse in qualche modo migliorare era una speranza vana e stupida. 

Tuttavia, quantomeno avevano una via di fuga, e l'idea di poterla sfruttare divenne ancor più plusibile dopo l'improvviso svenimento di Athanasia e Alain.
Non c'era tempo per chiedersi cosa lo avesse causato, si poteva solo ringraziare il cielo che attualmente fosse rimasto un solo nemico. Il più ostico.
Era vero, c'era anche la figura misteriosa che si era profilata fuori dal padiglione, ma non sarebbe rimasta tale a lungo. Difatti, ben presto la videro voltarsi, ancora troppo lontano per comprendere se potesse essere una persona conosciuta o meno, e fare un gesto con la mano.

Gesto a cui, con uno sbuffo piuttosto infastidito, Red rispose voltandosi un'ultima volta verso gli studenti, per poi scattare verso l'uscita in direzione dell'uomo.
Fu una fortuna il fatto che l'attacco di Orochi riuscì a rallentarlo, proprio mentre Shinya si accingeva a superarlo per andare a chiedere aiuto.
Shinya che dovette evitare all'ultimo un attacco di Red, un colpo proveniente dalle sue spalle, ove il villain stava correndo nella sua stessa direzione. Una scheggia di sangue gli passò rasente il viso, graffiando la guancia, ma sembrava evidente che lo avesse evitato in modo volontario. La sorpresa, tuttavia, lo fece deragliare dal percorso, lo costrinse a fermarsi e a mettere parziale distanza fra sé e la coppia di villains.
Non era saggio voltare loro le spalle, assolutamente.

Poco importava, comunque, perché a breve arrivarono anche gli altri studenti. Rimanere dentro quell'edificio pericolante non era saggio e l'unica via per tornare alla scuola era percorrere quella medesima strada. Necromancer era riuscito con i suoi spettri, per quanto gravemente inficiato dalle esplosioni, a prendere Koichi e gli altri ragazzi svenuti prima che il padiglione crollasse completamente e rimaneva dietro di loro.

Ben presto, tuttavia, il gruppo fu costretto a fermarsi. 
Non per un nemico, ma per il raggelamento di riconoscere fin troppo bene il volto dell'uomo che fino a quel momento avevano visto solo da lontano. 
Si era rimesso in piedi e fiancheggiava Red, trasmetteva lo stesso senso di minaccia del serial killer. Tuttavia, nel suo caso si trattava di una sensazione sottile, di un disagio lasciato sottopelle. Sorrideva, con un viso amichevole, ma un'espressione così tranquilla da apparire plastica, artificiale.

E in ogni caso, non avrebbero mai potuto trovare tranquillo l'associamento tra quel viso, che avevano visto così tante volte e il villains che aveva devastato così a lungo la loro vita scolastica.
Quell'uomo non era un estraneo, era stato a gran parte dei loro eventi, sempre in prima fila a fare il tifo, spesso lo avevano visto in infermeria, prima del lockdown della scuola, o altre volte all'uscita da scuola.
Non c'era molta somiglianza con quello che avrebbe dovuto essere suo figlio, ma Hayato Hashimoto, il capo della Hashimoto enterprise, si stagliava di fronte a loro con la medesima espressione vivace con cui per mesi era andato a prendere Takeshi al momento di uscita da scuola.

Fare i debiti collegamenti, capire cosa potesse significare la presenza di quell'uomo insieme ai villains, fu semplice. Semplice, ma non per questo meno sconvolgente.
Di certo, la figura di Takeshi aveva sempre avuto le sue particolarità, i suoi atteggiamenti poco consoni, ma il passo da lì a definirlo un traditore, in grado di vendere ai villains i suoi stessi compagni di classe, era grande. Gargantuesco, impensabile.
Sarebbe stato in generale difficile immaginare qualunque membro della classe coinvolto in una faccenda simile.

Che i professori lo avessero già saputo? Che fosse stato quello il motivo per cui avevano allontanato Takeshi dalla scuola? I dubbi si accavallavano come onde, soffocanti, opprimenti, non un toccasana per un momento simile.
Di fronte a due villains, il tempo per farsi cogliere dal panico non poteva essere trovato. Eppure, i due riuscirono ad approfittarsene, a fare uso di quella manciata di istanti di indugio.

Airou non realizzò che Hayato gli aveva soffiato addosso una qualche nube biancastra e sottile, fin quando non ne avvertì l'aroma fastidioso, il sapore amarognolo sulla lingua.
Giusto il tempo di realizzarlo, e il suo corpo iniziò ad agire fuori dal suo controllo.
Non il suo corpo, in verità, ma il suo quirk. Poteva avvertire ogni stilla della sua energia prosciugarsi, ogni rimasuglio di forza concentrarsi in attacchi su cui non aveva il controllo. Provò a tirare a sé le braccia, a impedirsi di causare danni, ma sapeva che fosse uno sforzo inutile.

Il dolore aumentava di secondo in secondo, era come se qualcuno stesse raschiando il suo corpo dall'interno, cercando di estrapolare anche le ultime scintille di forza per convogliarle nel quirk, come un bambino goloso che insistesse sul fondo di un barattolo di gelato ormai finito.
Ma la parte peggiore non fu il dolore, il panico di non vedersi padrone del proprio corpo, né la consapevolezza di starsi distruggendo per mano del proprio stesso potere, mentre una scia di piccole ustioni, quasi da contatto elettrico, si diramavano lungo il sistema nervoso, disegnando una scia di dolorose cicatrici pallide lungo le braccia. Trattenne quasi il fiato, perdendo parte della pragmaticità con cui era solito affrontare le situazioni, e cercò di avvertire i compagni.

Fece appena in tempo a dire loro di allontanarsi, prima che un fascio di luce si dirigesse verso Orochi, la persona che, nell'impeto della fuga, gli era finita più vicina.
Era più grande di quelli che riusciva a creare di solito, gli prosciugava ancora più energie ( e questo si manifestò in un'altra ondata di dolore rovente che percorse tutti i muscoli, tanto da annebbiargli per lunghi secondi i sensi, totalizzante, delirante ) e non poté fare niente per limitarlo. 
Orochi, dal suo canto, aiutato dall'avvertimento del ragazzo, riuscì appena a voltarsi e, guidato dall'istinto, a creare un altro dei suoi specchi. Più fragile del solito, la fatica non gli permetteva di dare il meglio di sé, ma gli permise almeno di deviare il colpo quanto bastava per non renderlo mortale. Uno strattone laterale, fin troppo debole per spostarlo del tutto, dato dall'ultimo degli spettri di necromancer impedì che il raggio lo colpisse in pieno viso.

Sfortunatamente, le due mosse non riuscirono a salvarlo del tutto. Il ragazzo ne prese atto quando un calore rovente e lancinante, come una fiamma viva troppo vicina alla pelle, investì il lato sinistro del suo corpo. Dall'attaccatura dell'orecchio fino al fianco, compreso tutto il braccio sinistro, la pelle iniziò a surriscaldarsi, colpita dal raggio di luce, e un'odore di carne e stoffa bruciata colmò l'aria. Il viso era rimasto fortunatamente libero dal colpo, ma questo non rendeva il tutto meno doloroso. Fece un paio di passi indietro e per istinto si avvicinò una mano al collo, prima di ritrarla con un sibilo di dolore.

Airou tornò presto padrone del suo corpo, crollando a terra come un burattino senza fili sia per il dolore che, soprattutto, per la madornale stanchezza causata dall'abuso del suo quirk.
Aveva difficoltà a vedere, ogni suono arrivava ovattato o rimbombante, al variare dei secondi. 
E anche per gli altri tornare a vedere non fu semplice: il raggio di luce di Airou era stato così potente da abbagliare tutti i presenti. Quando si voltarono di nuovo, di Hayato e Red non c'era traccia. 

Questo poteva significare solo due cose.
La prima era che la misteriosa figura in grado di far impazzire i quirk delle persone fosse proprio Hayato, la seconda era che Hayato conosceva ed era in grado di usare a suo vantaggio i quirk di tutta la classe. Non aveva avuto esitazioni, si era lanciato immediatamente su Airou e aveva immediatamente trovato l'uso più utile da fare del suo quirk. Non era una consapevolezza nata dal niente, dovevano averli studiati.
Ma ormai era inutile piangere sul latte versato: Orochi, Koichi e Airou dovevano essere portati in infermeria e qualcuno doveva avvisare i professori del traditore.

Yuma si sentiva alle strette. Non molto, aveva vissuto momenti molto più stressanti di quello, ma era egualmente una situazione piuttosto problematica e scomoda.
Specie se si considerava che era da solo insieme a un branco di ragazzini ( da quale pulpito ), tre dei quali non aveva idea di chi fossero, o per chi agissero, ma continuavano ad assaltare gli altri ragazzini. 
Non che se ne lamentasse, un aiuto era sempre gradito, sebbene in genere diminuisse il suo divertimento; nello specifico, in quell'occasione gli dava una mano a gestire la professoressa mezza pazza che stava cercando di ucciderlo.

Non aveva ben capito perché ce l'avesse tanto con lui, ma aveva continuato ad attaccarlo per tutto il tempo, non lasciandogli tempo di respirare. 
Non aveva neanche potuto tormentare un po' quei ragazzini, come per altro gli era stato ordinato. Il capo non sarebbe rimasto soddisfatto di quel risultato, ma non era colpa sua, in sua difesa.
Anche volendo, come sarebbe dovuto riuscirci con una ragazzina mezza pazza che cercava di uccidere le sue vittime?

Poi, successe tutto  all'improvviso: i ragazzini crollarono di botto a terra, come se qualcuno li avesse colpiti alla testa e fatti svenire. Bhe, non tutti, solo quelli che avevano iniziato ad attaccare gli altri. Ancora una volta, non un vantaggio per lui. 
Per quanto fosse riuscito a gestire senza difficoltà i ragazzi nei loro precedenti incontri, e anche la professoressa che gli stava davanti, in verità, gli scontri a breve distanza non erano esattamente il suo forte. E l'eroina era palesemente interessata a mantenere uno scontro a breve distanza. 

Aveva necessità di uscire da quella situazione, in un modo o nell'altro. 
Specialmente se considerava che ormai non aveva più qualcuno che tenesse occupati gli altri studenti. Si guardò intorno, socchiuse gli occhi per qualche istante e pensò.
Aveva una vaga idea su cosa fare, ma non ne era del tutto sicuro. Di certo si trattava di una possibilità a dir poco rischiosa. Ma cosa aveva di altro da perdere?

Espirò, ancora avvolto dalla sua crisalide di ghiaccio, prima di allargare improvvisamente le braccia, come se volesse distruggerla. Il ghiaccio si dissolse all'istante, ma lo fece in un'esplosione a bassissima temperatura che investì tutti.
L'improvviso sbalzo di temperatura, la vaga mancanza di ossigeno dovuta all'esplosione, gli fecero girare la testa. Per lunghi istanti faticò a tenersi in piedi, poi finalmente la sua visuale tornò pulita, limpida.
Aveva perso di vista i suoi avversari, ma anche loro dovevano aver perso di vista lui. L'esplosione era stata abbastanza improvvisa da coglierli di sorpresa. Riuscì a notare gli studenti parzialmente accasciati, pallidi in volto, che boccheggiavano in cerca d'aria per via del gelo improvviso. 

Ebbe appena il tempo di ridacchiare sotto i baffi, prima di avvertire delle zanne che si conficcavano nel suo braccio: l'eroina-lupa non aveva ancora desistito. Gli occhi gialli sembravano pozzi di furia e aveva serrato la presa attorno alla carne, senza sembrar avere intenzione di lasciarla. 
Il ghiaccio si era aggrappato alla sua pelliccia, ricoprendola di uno strato rigido e biancastro in contrasto sul pelo nero, ma non sembrava tangerla. 

Il suo unico obiettivo, in quel momento, sembrava soltanto quello di catturarlo. O ucciderlo, nel peggiore dei casi.

Yuma doveva obbligatoriamente andarsene. Provò a strattonare il braccio per riuscire a liberarsi, alternando lo sguardo tra il lupo e la spaccatura nel padiglione che gli avrebbe permesso di andarsene, poi realizzò che ci potesse essere un unico sistema per riuscire ad uscirne vivo.
Sospirò, preparandosi a ciò che avrebbe fatto di lì a poco, mentre già l'eroina si apprestava ad assaltarlo con maggiore violenza. Dopodiché, sopra di lui, con le ultime energie rimaste, si condensò quella che aveva tutta l'apparenza di essere una ghigliottina: una lama liscia, perpendicolare al terreno e terribilmente affilata.

Non si concesse di pensarci troppo, prima di farla precipitare all'altezza della sua spalla.
Urlò, quando la lama tranciò di netto il braccio, recidendolo dal busto e facendo indietreggiare la lupa per l'improvvisa riduzione nella resistenza posta dal ragazzo. 
Il freddo aiutò a non far sanguinare eccessivamente la ferita, ma non per questo faceva meno male.

Meglio un braccio della vita, ci voleva poco a capirlo, ma la consapevolezza non rendeva il dolore più tenue, né gli impediva di pensare al fatto che da quel momento in avanti avrebbe dovuto vivere con un braccio in meno. Chissà se qualcuno nella lega era in grado di procurargli una protesi...

Scosse il capo, nel tentativo di liberarsi dei pensieri meno opportuni, fonte di una distrazione che in quel momento non poteva permettersi. Non sapeva quanto a lungo avrebbe potuto approfittare dell'effetto sorpresa per riuscire a scappare. 
Così, continuando di tanto in tanto a voltarsi indietro, per assicurarsi che l'eroina non lo stesse ancora inseguendo, si dileguò. 
Sperò soltanto che non lo avessero lasciato indietro, altrimenti Red avrebbe dovuto dormire con un occhio aperto quella notte. Anche se non dormiva.

Per Okami la situazione stava andando forse anche troppo bene, almeno per i loro standard. Non sapeva però definire se fosse perché ancora non era morto nessuno o se invece ciò fosse dovuto al fatto che il loro avversario sembrasse avere la loro stessa voglia di trovarsi lì.
Diversamente da altri soggetti, come Red Phantom o Yuma, Deus Ex non sembrava esattamente minaccioso. Era forte, quello era un dato di fatto, ma sembrava tremendamente svogliato.
Non uno svogliato minaccioso, volto a cercare di porre fine alla situazione il prima possibile, come avveniva con Tooru; Deus Ex trasmetteva l'impressione di volersi trovare in qualunque posto che non fosse quello.

Okami avrebbe voluto comunicargli che era libero di andarsene, nessuno se ne sarebbe lamentato, ma era impegnato a cercare di non farsi ammazzare. Lo avrebbe fatto se lo avesse rivisto, anche se sperava nel contrario. 
Per il momento, avrebbe continuato a cercare una via di uscita. I suoi attacchi per fermare i ragazzi che li avevano attaccati, combinati a quelli di Ren e Shion, avevano avuto effetto, ma quell'improvviso svenimento che li aveva coinvolti senza preavviso li aveva lasciati momentaneamente sconvolti.

Certo, forse dentro di loro era fiorita una piccola speranza, una minima felicità di sapere che parte dei loro avversari era improvvisamente stata messa ko, ma non sapevano cosa avesse potuto abbatterli all'improvviso. Poi, notarono che fra i ragazzi, uno era rimasto in piedi: Megumi, per quanto ferita, si trovava esattamente dove era prima, con lo sguardo appena spaesato. Sembrava non comprendere cosa stesse accadendo, o perché, e aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto, come se non riuscisse a vedere correttamente di fronte a sé.

La tempesta di sabbia di Sabakaze, dispersa dopo che l'uomo aveva perso la concentrazione attaccando il clone in cemento di Okami, aveva causato un gran numero di tagli lungo il suo corpo, non molto profondi, ma visibili, e la rendevano una visione ancor più inquietante. I ragazzi mossero appena un passo verso di lei, ultimo ostacolo fra loro e una possibile via di fuga: stavano finendo le forze, Sabakaze, a giudicare dal sangue che stava perdendo e dalla posizione irregolare del suo braccio, doveva essersi rotto un polso e il loro nemico sembrava essersi momentaneamente calmato.

Megumi, tuttavia, non sembrò rivelarsi meno aggressiva di prima: forse per lo spavento, indietreggiò di un passo, sbatacchiò le palpebre, senza però grandissimo successo, e, strizzando poi gli occhi, scatenò verso di loro una tempesta di piccole figure di carta, taglienti come lame e rapide come frecce.
La maggior parte di loro fu colpita in modo solo superficiale, a riportare più danni fu indubbiamente Ren: con attacchi così rapidi, fu difficile per lui creare cristalli di protezione e, forse per la vicinanza maggiore a Megumi in quel momento di fuga, subì attacchi più dolorosi.

A lui non vennero colpite le braccia, di striscio, o il volto, non solo almeno: tra le altre cose, due degli attacchi per poco non lo fecero cadere. Avvertì improvvisamente un ginocchio cedergli, solo grazie al sostegno di Akira e di Fumihiro non cadde a terra e, nel voltarsi alle proprie spalle, vide sangue correre lungo le ginocchia. Uno dei colpi doveva aver tranciato un tendine, o, in ogni caso, qualcosa dell'articolazione della gamba, abbastanza da causargli un dolore ben più che intenso nel cercare di muoversi ( come se la stanchezza non fosse già sufficiente ). 

Fu proprio mentre Akira e Fumihiro si apprestavano ad aiutarlo, che videro Megumi cedere, finalmente. Ma non svenne all'improvviso, come avevano fatto gli altri: al contrario, inizialmente cadde in ginocchio, si guardò attorno un'ultima volta, poi precipitò di nuovo a terra, sdraiata. Sembrava più qualcuno che fosse svenuto per la stanchezza, o per il peso delle ferite. Aveva molto più senso rispetto agli altri, che erano crollati senza essere stati neppure toccati.
Cosa la distinguesse dagli altri, in ogni caso, non potevano saperlo. E la cosa forse era ancora meno rassicurante. 

Fu in quel momento, mentre Sabakaze si avvicinava loro, che si accorsero che Deus Ex nel mentre era rimasto totalmente immobile. A dire la verità, nel voltarsi, si accorsero che il villain non c'era più: al suo posto, esattamente dove si era trovato fino a pochi minuti prima, una statua di cemento che aveva le sembianze stesse del villains. Una copia, non dissimile da quella di Okami, se non che era totalmente statica.

Le conseguenze dell'attacco dei villains alla Yuuei erano state devastanti, sia dal punto di vista umano che sociale.
I giornalisti si erano accaniti sulla scuola come un branco di squali, costringendo il preside a chiudere nuovamente i confini scolastici e a riservarsi il diritto del silenzio fino a quando non fossero riusciti a ricostruire le dinamiche con cui era avvenuto.

All'esterno della scuola erano arrivate solo poche informazioni: era morto un professore, un eroe impiegato nella sezione ordinaria che si era proposto di dare una mano con gli allenamenti, e tutti gli studenti di cui si era occupato erano finiti in un coma irreversibile per cause ancora da accertare. Gran parte degli altri studenti erano in ogni caso in infermeria in condizioni più o meno gravi, insieme ad alcuni dei professori che tuttavia si erano ripresi più in fretta. 
L'ennesima dimostrazione del fatto che la lega, per qualche motivo, aveva nel suo mirino unicamente gli studenti. 

La scuola era riuscita in qualche modo a insabbiare il fatto che Antares fosse stata uccisa di Hiyori, per non far infervorare l'opinione pubblica ancor più del dovuto, ma tutti avevano assistito all'interrogatorio che era stato rivolto a Ryuu, Kaiyo e Shirou durante la loro degenza in infermeria. Di certo la notizia non aveva aiutato a raggiungere una maggiore sicurezza, affatto, e aveva fatto precipitare ancora di più il mood della classe. 

La scoperta, poi, dell'identità del traditore, era stato l'ennesimo attacco alla consapevolezza dei ragazzi. Un conto era sospettare che tra di loro potesse esserci un traditore, credere che qualcuno di loro potesse averli venduti ai villains. Un'altra era averne la certezza, sapere che qualcuno aveva visto con i propri occhi il padre di Takeshi attaccarli per poi fuggire con un ricercato internazionale. 

Eiko non aveva mai visto la sua infermeria più piena di così, non aveva mai dato così tante cattive notizie in pochi giorni. 
Quella mattina, entrò nella sala di degenza come ogni altro giorno, pronta a controllare dopo quattro giorni dall'attacco le condizioni degli studenti. 
Il primo letto che visitò fu quello di Winston: il ragazzo aveva ripreso conoscenza dopo essere rimasto sotto l'effetto del quirk curativo appena il giorno prima, ma ancora non era in grado di tornare alla sua vita normale. Entrambi i suoi omeri erano stati pressoché polverizzati dall'attacco di Fenrir, per cui, nonostante Eiko fosse riuscita a dare una spinta al corpo per ripristinarsi, ancora avrebbe avuto necessità di qualche settimana per rimettersi.
Aveva avuto fortuna, moltissima, poiché per la natura del suo quirk il suo corpo era più malleabile, da quel punto di vista, più pronto a reagire a traumi di quel genere. Si sarebbe rimesso in piedi, senza problemi probabilmente, anche se la cosa avrebbe richiesto tempo. 
Per qualche settimana sarebbe dovuto rimanere sulla sedia a rotelle, per permettere al suo corpo di ristabilirsi, ma non avrebbe avuto danni permanenti, a eccezione di qualche cicatrice. 

Lo stesso non poteva dirsi di Shigeru: quando glielo avevano portato, il ragazzo aveva già perso moltissimo sangue, ma non era stato quello il problema maggiore. Il suo corpo non aveva avuto, al momento dell'attivazione del quirk di cura, abbastanza energie per ripristinare a dovere il braccio. Eiko era riuscita a recuperarlo per un soffio, a fare in modo che non si rendesse necessaria l'amputazione, ma non era riuscita a salvarlo del tutto: gran parte della sua mobilità era andata persa, avrebbe avuto bisogno di molta fiseoterapia per riuscire a impugnare di nuovo qualcosa tra le mani, ma dubitava che sarebbe riuscito a farci forza in combattimento, ad esempio. Sarebbe già stato tanto, se in futuro fosse riuscito a tornare a scrivere con quella mano. Anche le terminazioni nervose erano state danneggiate, per cui avrebbe dovuto convivere per il resto della sua vita con strani e improvvisi formicolii, fitte di dolore ingiustificato o, al contrario, improvvisi momenti di insensibilità. Per il momento avrebbe dovuto tenerlo fasciato e ingessato, per permettere all'osso che si era incrinato per il colpo di finire di riassestarsi, poi gli avrebbe iniziato a sistemare in settimana qualche appuntamento per iniziare a testare quanta sensibilità gli fosse rimasta. Perlomeno non era quasi mai da solo, Okami era uno dei frequentatori più assidui dell'infermeria, nonostante fosse stato dimesso tra i primi.

Fece un paio di passi avanti, fino a fermarsi di fronte al letto di Orochi. Il ragazzo ancora dormiva, sotto parziale effetto di sedativi che rendessero meno agitate le sue nottate. 
Secondo la modesta opinione di Eiko, il ragazzino era parso più devastato dal danno estetico causato dall'ustione piuttosto che dal dolore, una volta che era riuscita a curare la gran parte della pelle colpita. Ancora una volta, non era riuscita a riportare tutto come era inizialmente, il suo quirk poteva fare poco dal punto di vista estetico, realizzava solamente la guarigione più rapida possibile. Il viso di Orochi era rimasto intatto, ma lo stesso non si poteva dire del suo braccio sinistro e della zona sinistra in generale del corpo. Attualmente era avvolto in bende pulite che tenevano pulita la pelle in via di guarigione, ma Eiko dubitava che non sarebbero rimaste cicatrici. 
Nel migliore dei casi, il tessuto cicatriziale sarebbe rimasto più pallido del resto del corpo, ma con un contributo del quirk avrebbe potuto mantenere un aspetto uniforme. Nel peggiore, quello più probabile, la pelle si sarebbe indurita e avrebbe rallentato parzialmente i suoi movimenti. Di certo un paio di sedute di fisioterapia non avrebbero fatto male neppure a lui. 

Il successivo nella lista dei pazienti era Airou, che per qualche giorno era stato tenuto sotto stretta osservazione. Eiko aveva cercato di ottenere da Shirou una descrizione quanto più fedele possibile dei sintomi mostrati a causa del quirk di Hayato, ma aveva impiegato poco a realizzare che Airou doveva aver subito un effetto ben peggiore, causato dalla fatica già pregressa al momento in cui era divenuto vittima del quirk.
Aveva un'infiammazione muscolare diffusa all'incirca su tutto il corpo, una continua febbre che aveva tenuto preoccupata l'infermiera della scuola per diversi giorni e una cecità quasi completa causata dall'abuso del suo quirk. Per evitare ulteriori danni, Eiko aveva costretto il ragazzo a rimanere a letto e ad evitare luci particolarmente intense, al punto tale da fargli indossare una benda nelle ore più luminose della giornata, ed era felice di notare come la cosa stesse migliorando le sue condizioni. Avrebbe dovuto evitare sforzi eccessivi ancora  per qualche giorno, ma non avrebbe subito gravi ripercussioni.

Se avesse potuto dire lo stesso di Tomoe, Rei e Koichi, sicuramente si sarebbe definita più soddisfatta. Più che altro perché tutti e tre avevano abusato del loro quirk di loro pura e spontanea volontà, per così dire, ma avevano probabilmente eccessivamente superato il loro limite. 
Tutti e tre non avevano, in verità, grandi ferite a cui rimediare. Erano solo in preda a pessime ripercussioni dei loro quirk. La condizione delle ossa di Tomoe era disastrosa, così come quella dei suoi muscoli: nonostante per quel genere di danni il suo corpo fosse predisposto per ripristinarsi autonomamente, lo faceva a un ritmo estenuante e lento. Aveva recuperato mobilità nelle braccia e riusciva a tenersi a sedere, ma ogni tentativo di farla mettere in piedi era risultato in uno sbuffo annoiato ( effettivamente la pigrizia insita nella ragazza non era propriamente di aiuto ) e in un rischio di caduta considerevole. I tentativi di Eiko di usare il suo quirk per velocizzare il processo di guarigione si erano rivelati inutili, per cui si era rassegnata ad affidarla a una sedia a rotelle e alle cure di un Kaiyo che, dopo aver affrontato i suoi doverosi giorni di recupero, si era imposto al pari di Okami come presenza onnipresente in quella sala. 

Rei non era in condizioni particolarmente gravose, fortunatamente il suo quirk non aveva conseguenze così gravi sul suo fisico, ma quando era arrivata in infermeria dai padiglioni di allenamento era terribilmente stanca. Aveva praticamente dormito per due giorni di fila e aveva forti dolori muscolari, per cui Eiko si era adoperata a usare il suo quirk, ma il principale problema a cui erano andati incontro era la disidratazione.
A causa dell'eccessivo uso del quirk, Rei era in terribile carenza di liquidi corporei e il suo corpo, affaticato, sembrava incapace di ricrearli a un ritmo sostenuto. Per questo, nonostante fosse piuttosto libera di muoversi, purché non facesse sforzi eccessivi, doveva fare diverse flebo al giorno che ripristinassero la giusta idratazione del suo corpo. La mancanza di salivazione sufficiente, inoltre, le rendeva difficile la deglutizione, per cui era momentaneamente forzata a una dieta semi-liquida.

Koichi, infine, era ancora in una condizione da accertare. Al suo arrivo in infermeria, privo di sensi e tra le braccia di un Necromancer che aveva visto giorni migliori, Eiko si era preoccupata non poco. Per diverse ore aveva applicato impacchi di ghiaccio e in generale si era fatta aiutare da una collega della sezione di supporto per mantenere più bassa la temperatura corporea, prima di iniziare a ripristinare lentamente le sue energie con il proprio quirk. 
Se non avesse usato il quirk fino all'uscita dall'infermeria, dubitava che ci sarebbero stati problemi, ma se invece lo avesse usato non sapeva se la situazione sarebbe potuta peggiorare o meno. Per sicurezza, nonostante fosse ormai quasi del tutto guarito, aveva disposto che rimanesse in infermeria ancora per qualche giorno. 

In condizioni simili fra loro, ma non per questo più rassicuranti, erano Jose, Yori, Kori e Ajisai. 
Secondo la loro testimonianza, erano stati vittime di un'esplosione di aria fredda causata da Yuma, ma Eiko non sapeva di preciso cosa avesse inficiato tanto sui loro fisici.
Quando erano arrivati in infermeria non stavano così male, la loro temperatura era semplicemente più bassa del solito. Poi, d'improvviso, avevano iniziato a soffrire di momentanei svenimenti, quasi cadessero in brevissimi sonni ipotermici, o a soffrire di febbre fredda, o ancora a manifestare insensibilità sulla punta delle dita, sulle mani, alle estremità del corpo.
Nonostante li avesse dimessi inizialmente, Eiko era stata costretta a richiamarli in infermeria e a tenerli sotto osservazione, per cercare di capire dove risiedesse il problema. Sembrava quasi che il quirk glaciale di Yuma si fosse infiltrato sottopelle e, a intervalli irregolari, riesplodesse.
Nei momenti peggiori, gli attacchi causavano anche dolori addominali tali da rendere difficile mangiare. Il peggio era toccato a Kori, che con la sua ipersensibilità spesso e volentieri era costretto a letto da quegli attacchi.
Con l'avanzare dei giorni gli attacchi sembravano farsi più frequenti, ma Eiko sperava che, dopo aver raggiunto un picco, poi iniziassero anche a diminuire. O che sarebbero riusciti a trovare una giustificazione e una cura a quella situazione.

Infine, c'era Ren, che rispetto agli altri era di certo messo meglio, ormai prossimo a essere dimesso, ma non per questo doveva ignorarne le condizioni. Gli attacchi di Megumi erano riusciti a danneggiare in maniera superficiale i nervi del ginocchio, costringendolo sul lettino dell'infermeria fino a quel mattino, ma lo avrebbe dimesso non appena si fosse svegliato.
Certo, gli avrebbe chiesto di presentarsi a fare qualche controllo, a breve, ma per il momento avrebbe lasciato andare almeno lui.

Gli altri studenti, nonostante fossero rimasti in infermeria un paio di giorni per sicurezza, cosicché si potessero assicurare che non ci fossero altri problemi. Anche Yasuhiro, che nizialmente era parso in una condizione più grave, alla fine ne era uscito piuttosto con facilità. 
Certo, molti di loro continuavano comunque a recarsi in infermeria per visitare i compagni allettati, ma in generale erano stati in grado di tornare al loro dormitorio. 

Eiko chiuse la porta dell'infermeria, lasciando così che gli studenti parlassero tranquillamente tra di loro e finissero di risvegliarsi. Percorse a brevi passi il corridoio che l'avrebbe portata in uno dei laboratori della scuola, risistemato in modo tale da accogliere diversi lettini di degenza. 
In quella stanza, che era sorvegliata in ogni momento, riposavano gli studenti che, di improvviso, erano svenuti. Gli studenti che erano in salute avevano testimoniato in merito agli attacchi ricevuti e, soprattutto, dell'improvvisa perdita di coscienza che era arrivata per tutti nello stesso momento. 
Un evento preoccupante quasi quanto lo stato catatonico in cui sembravano aver assaltato gli altri. Da quando erano svenuti, nessuno di loro aveva ancora recuperato i sensi. Nonostante ogni tentativo fatto, se non fosse stato per il fatto che respiravano ancora, sarebbero sembrati morti. 
Il loro era un coma profondo, forse irreversibile.

Nell'entrare nella sala, si accorse che Leviathan era già al suo interno, insieme a Wakana e a Yuri.
Erano fermi di fronte a uno dei tanti lettini di degenza, intenti a conversare a bassa voce tra di loro. Eiko sapeva a chi appartenesse il letto, era anche il suo primo obiettivo nella stanza: Megumi era l'unica tra i ragazzi che avevano assaltato il gruppo ad aver riconquistato conoscenza. Lo aveva fatto per poco, prima di svenire di nuovo, ma aveva dato speranza di poter avere la possibilità di far riprendere anche gli altri. 
Dal giorno prima le sue statistiche vitali erano in miglioramento, ma non aveva ancora dato cenno di volersi alzare. 

«Ci sono novità, Yato-san?» domandò, intromettendosi nella conversazione mentre iniziava a controllare le condizioni della ragazza, aggiornando via via la cartella clinica addossata al letto. 
L'uomo inizialmente non rispose, poi sospirò, piano: «La villain che abbiamo catturato continua a non voler parlare. Se continueremo di questo passo, saremo costretti a cedere alle sue richieste». Yuri aggrottò il viso a quelle parole, evidentemente infastidita da quell'idea. 
Wakana, di rimando, si portò una mano al viso, massaggiando la radice: «Reina si è opposta all'idea di far intervenire qualcuno di più... influente. E con Sabakaze e Necromancer in fase di recupero non possiamo permetterci di avere ancora meno aiuti».

«Dunque farete parlare i ragazzi con lei?» chiese, dopo un lungo silenzio, Eiko. La possibilità non convinceva neanche lei, ma la villain era stata chiara. Non avrebbe parlato con altri, se non con gli stessi studenti che aveva attaccato.
Per un primo momento avevano pensato che avrebbero raggiunto lo stesso risultato ottenuto con l'altro villain: un cadavere che non avrebbe potuto rivelare un bel niente. 

«Piuttosto, Eiko, come sta?» la interpellò Wakana, indicando Megumi.
Eiko scosse il capo, sospirando: «Non diversa da ieri. Sembra ci sia attività cerebrale, ma ancora non ha recuperato coscienza. Nei prossimi giorni però potrebbe migliorare, nelle prossime ore addirittura. Non posso dirvi nulla di certo».
Calò un silenzio teso tra di loro, poi Leviathan osò porre la domanda che era rimasta in sospeso fino a quel momento. «Eiko, hai terminato l'autopsia?».
Il tono di voce era rimasto piatto, privo di inclinazioni, ma chiunque conoscesse Yato sapeva che gli pesava anche solo pronunciare quelle poche parole.
Eiko cercò, nonostante tutto, di risultare delicata: «Sì, ma non ho ottenuto niente di diverso da quanto hanno rivelato le testimonianze. Antares, è vero, era prossima a perdere conoscenza, il suo cuore era stato particolarmente provato dal quirk dell'avversario, ma il colpo finale è stato dato da Shiori. E' morta per dissanguamento» sospirò. 

«Non so per quanto tempo riusciremo a tenere la cosa nascosta, Yato. Dovremo risolvere la situazione» esalò Wakana, scuotendo il capo, prima di ravversare in modo distratto con una mano la coperta di Megumi, con fare quasi materno.
«In qualsiasi modo possibile» rispose Leviathan, scuotendo il capo, prima di lasciare l'infermeria, diretto verso l'ufficio del preside. Dopotutto, doveva ancora fare rapporto sul traitor, questione momentaneamente passata in secondo piano. Per qualche settimana, dubitava che le lezioni sarebbero potute riprendere.

❬ ⸙: ✰❛ 𝐚𝐧𝐠𝐨𝐥𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐜𝐚𝐟𝐟𝐞'; ❀❜ ❭

ED ECCOCI QUI, RAGGI DI SOLE
Siete felici di questo capitolo?
Io tantissimo, provo un senso di soddisfazione non indifferente (:
E abbiamo scoperto anche il misterioso traitor ( per favore, non linciatemi, giuro che non è colpa mia (?))
MA, visto che sono una persona compassionevole, vi faccio anche un riassunto di quello che è stato previsto per i vostri personaggih!
Nel dubbio, oltre ai danni citati, tutti i personaggi hanno comunque altri lividi e acciacchi e una generale debolezza di fondo.

Tomoe: costretta sulla sedia a rotelle fino alla fine del capitolo, impossibilitata a usare il quirk
Airou: preferibilmente dovrebbe rimanere in infermeria, durante le ore pomeridiane deve indossare una benda per proteggere gli occhi. In ogni caso, ha spesso la vista offuscata
Yori, Ajisai, Kori, Jose: attualmente confinati in infermeria, sono soggetti a sporadici attacchi di sonno, brevi svenimenti, momentanea insensibilità alle estremità del corpo e generali dolori addominali

Winston: con entrambe le gambe rotte, è costretto su sedia a rotelle fino alla fine del capitolo, oltre a essere costretto a sedute di fisioterapia per riprendere l'uso corretto delle gambe. Gli è stato vietato di usare il quirk fino a quando non si sarà ripreso
Koichi: sotto stretta osservazione di Eiko, sta tutto sommato piuttosto bene, ma deve fare attenzione a non far alzare troppo la propria temperatura e a non utilizzare in alcun modo il suo quirk. Deve inoltre presentarsi ogni mattina in infermeria per fare un controllo dei suoi parametri vitali
Ren: E' stato dimesso dall'infermeria, ma ha una cicatrice dietro il ginocchio abbastanza profonda e potrebbe avere per qualche tempo problemi di mobilità dovuti al tendine in fase di ripresa. Per questo non può compiere sforzi fisici eccessivi e, anzi, deve stare a riposo più tempo possibile
Shigeru: il suo braccio è quasi totalmente inutilizzabile, attualmente ingessato e tenuto fermo. Può essere soggetto a improvviso dolore, insensibilità, formicolii, solletico e altre risposte nervose ingiustificate. Non può momentaneamente spostarsi dall'infermeria per via di continui controlli sulla sua temperatura corporea.
Orochi: attualmente fermo nel letto dell'infermeria in attesa che il tessuto ustionato inizi il processo di cicatrizzazione, prende forti sedativi prima di dormire che potrebbero renderlo intontito durante la mattinata. Inoltre ha il braccio sinistro momentaneamente inutilizzabile e la parte sinistra del corpo fasciata.
Rei: trattenuta in infermeria per una questione di sicurezza, può lasciarla più volte al giorno per fare brevi passeggiate, ma è costantemente attaccata a una flebo per evitare problemi di disidratazione. E' momentaneamente costretta a una dieta interamente semi-liquida
Shirou, Kaiyo, Ryuu: a causa degli eventi legati ad Antares, sono spesso negli uffici dei professori o del preside a rilasciare testimonianze e sono stati obbligati a frequentare sedute dallo psicologo della scuola, per una questione di sicurezza
tutti gli altri: hanno ancora forte stanchezza e alcuni graffi e lividi a causa degli scontri, ma hanno potuto fare ritorno ai dormitori. Ancora non hanno potuto avere contatti con l'esterno e in generale sono in una sorta di periodo di "vacanza"
Sono stati fortemente invitati a fare visita allo psicologo della scuola

Altra nota abbastanza importante: in questo capitolo, come si sarà inteso, forse, sarà possibile avere interazioni / interrogatori con la villain Yoru.
Questo si traduce con "se avrete buone interazioni con lei, avrete delle agevolazioni nell'ultimo capitolo". Dipenderà tutto da voi, cosa scoprirete e dove arriverete. Purché non siano confinati a letto / in infermeria, potranno partecipare agli interrogatori anche i ragazzi in infermeria. Gli altri potranno partecipare in un secondo momento, che stabiliremo io e Felpy e che vi faremo ovviamente sapere in seguito.

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